
Negli ultimi giorni il cambio euro-dollaro ha osservato un andamento altalenante: all’inizio dell’anno un euro corrispondeva a 1,21 dollari, in capo a poco più di tre mesi la coppia valutaria è tornata di nuovo a oscillare intorno alla soglia di 1,20 – dopo essere sceso fino a toccare quota 1,18.
Se il trend proseguirà al rialzo o al ribasso, dipenderà soprattutto da fattori esogeni – la pandemia di Covid-19 e relativa campagna di vaccinazioni continuano ancora a determinare l’andamento dei mercati.
Euro-dollaro: quali fattori tenere in considerazione?
L’andamento della campagna di vaccinazione
Lo stop preventivo alla somministrazione del vaccino AstraZeneca in Europa ha fatto preoccupare i mercati e, tra gli altri, anche la moneta unica, che guarda con ansia alla ripresa della campagna di vaccinazione – in Europa più lenta che negli Stati Uniti o nel Regno Unito, dove il numero di persone vaccinate ogni 100 abitanti a metà marzo ammonta rispettivamente a 29,7 e 36,5. Nel Vecchio Continente guidano la classifica Germania, con il 10,4% della popolazione vaccinata, e Francia, con il 9,8% della popolazione.
Dopo i sospetti episodi di trombosi riscontrati a seguito dell’inoculazione del vaccino AstraZeneca, oltre all’Italia hanno sospeso le vaccinazioni anche Germania, Francia, Spagna, Lussemburgo e Slovenia.
Sui mercati la decisione si è tradotta in un calo della fiducia e a farne le spese è stata soprattutto la moneta unica, che a metà marzo ha messo in fila tre sessioni chiuse in calo. In avvio di settimana il cambio euro-dollaro viaggia in calo di circa lo 0,30%, in un range compreso tra 1,1952 e 1,1927.
Dalla capacità dell’Europa di somministrare i vaccini e, soprattutto, di tenere il passo con le principali economie globali, dipenderà il tasso di ripresa economica del Vecchio Continente e, conseguentemente, l’appetibilità dell’euro.
I dati macro
In attesa di capire quale corso prenderà la campagna vaccinale, in ogni caso, i dati macro aiutano a farsi un’idea dell’andamento dell’economia europea.
A metà marzo l’indicatore dell’Istituto tedesco ZEW sul sentiment dell’economia tedesca (tradizionalmente locomotiva d’Europa) ha pur sempre registrato un valore più alto del previsto, mettendo a segno un balzo dai 71,2 punti di febbraio ai 76,6 di marzo – laddove un valore superiore allo zero indica l’ottimismo dei 350 imprenditori intervistati circa le prospettive economiche del paese.
Il mercato obbligazionario
In una prospettiva più a lungo termine, in ogni caso, per monitorare l’andamento del cambio euro-dollaro sarà opportuno tenere d’occhio l’andamento del mercato obbligazionario, soprattutto di quello statunitense.
Il balzo dei rendimenti dei titoli di stato Usa, con il decennale sui massimi dal febbraio 2020, ha infatti provocato ripercussioni sul dollaro stesso: a rendimenti più alti corrispondono infatti maggiori incentivi nell’investire in titoli di stato Usa e, dunque, un aumento della domanda di dollari – con conseguente rialzo nelle quotazioni del biglietto verde.
Se all’inizio dell’anno il rendimento sul Treasury-Bond Usa sfiorava appena l’1%, infatti, a metà marzo viaggia a quota +1,6%, sui massimi da oltre 12 mesi. A spiegare il balzo sono soprattutto le prospettive sull’inflazione Usa, che gli investitori temono possa schizzare in maniera disordinata soprattutto verso la seconda metà dell’anno, sulla scia del portato del maxi-piano di stimoli fiscali (un bazooka da 1.900 miliardi di dollari) varato dall’amministrazione Biden e approvato dal congresso nella prima metà di marzo.
Prospettive confermate per altro dallo stesso presidente della Federal Reserve Jerome Powell, il quale tuttavia ha chiarito come la banca centrale Usa si attenda che il rialzo sia limitato nel tempo, in quanto fisiologico. D’altra parte, già alla fine di agosto la Fed aveva introdotto una modifica nei propri obiettivi strategici, ammettendo che il livello medio dell’inflazione post-Covid possa anche superare il tradizionale tetto del 2%.
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